FAQ

la certificazione 9001 porta lavoro?

 Il sistema di gestione secondo la ISO 9001 è un insieme di strumenti che portano benefici all'azienda che li applica. Tali benefici possono essere visti come possibile motivo di scelta da parte della potenziale clientela

L'Ente di certificazione effettua le ispezioni a sorpresa?

Tutti gli enti di certificazione in ambito ISO hanno l'obbligo di pianificare le ispezioni in comune accordo con l'azienda; l'importante è non andare oltre i tempi massimi altrimenti l'ente ha la facoltà di richiedere il ritiro del certificato per mancata ispezione di controllo.

l'RSPP esterno è davvero legalmente responsabile?

 

Quando ricorre la responsabilità concorrente del RSPP nella causazione dell’infortunio (Cassazione 2814 del 2011)

Costituisce principio consolidato, sul piano normativo e giurisprudenziale, che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) non è titolare di alcuna posizione di garanzia rispetto all’osservanza della normativa antinfortunistica, essendo egli piuttosto un mero “consulente” del datore di lavoro in tale materia.

La designazione del RSPP ai sensi dell’art. 31 del D. lgs 81 del 2008 non può per altro intendersi, in una prospettiva sostanziale ed effettuale, quale “delega di funzioni” sicché il Datore di lavoro rimane il soggetto giuridicamente e normativamente qualificato dal D.lgs 81 del 2008 ad assumere, rivestendo ex lege la presupposta posizione di garanzia, le iniziative idonee a neutralizzare le situazioni da cui possano derivare rischi per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro.

Tale principio, viene riconfermato nella pienezza della sua applicazione dalla recente Corte di Cassazione Sez. Quarta Pen., con la sentenza del 27.01.2011, n. 2814, sebbene con talune precisazioni di carattere sistematico intese a definire ed individuare i presupposti di responsabilità, anche concorrente, del RSPP in relazione ad eventi lesivi occorsi al lavoratore sui luoghi di lavoro in conseguenza di inadempimenti agli obblighi previsti dalla normativa antinfortunistica.

Secondo la Corte infatti, il RSPP – che in quanto privo dei poteri decisionali e di spesa non è in condizione di intervenire direttamente per rimuovere eventuali situazioni di pericolo – può tuttavia essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione ( in questo senso anche Cassazione Sezione IV, 2 febbraio 2010; 13 marzo 2008; 15 febbraio 2007; 20 aprile 2005).

In particolare, “il fatto che la normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del servizio di prevenzione e protezione, non significa che questi componenti possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico ricevuto” o dall’inottemperanza del RSPP alle funzioni che per legge gli sono proprie.

Tali responsabilità possono anzi devono invocarsi tutte le volte che il comportamento colposo (imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline) del RSPP – quale ad esempio la mancata o erronea individuazione e segnalazione dei fattori di rischio delle lavorazioni e la mancata elaborazione delle procedure di sicurezza nonché di informazione e formazione dei lavoratori – impedisce l’attivazione da parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di intervento, e quindi integri una omissione rilevante ai sensi del combinato disposto degli articoli 113 e 41, 1 cpv, del codice penale, costituendo una concausa dell’evento lesivo, in ipotesi verificatosi proprio in ragione dell’inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge e della conseguente mancata rimozione della condizione di rischio da parte dei soggetti muniti dei necessari poteri di intervento.

Per installare sistemi Anticaduta, la Società necessita di abilitazione professionale?

I sistemi anticaduta sono normati dalla UNI EN 795, la quale non prevedere compenze specifiche per procedere all'installazione.

Sempre più imprese confermano la propria abilitazione ottenuta in merito, ma in realtà, fanno riferimento ad attestati di formazione rilasciati dai produttori dei sistemi anticaduta.

Per quanto un'attività formativa possa essere propedeutica e sicuramente bagaglio professionale capace di fornire maggior dimestichezza nell'installazione, ad oggi, non è presente un testo normativo che vincoli la società o la singola persona, ad ottenere una qualifica che permetta/abiliti all'installazione.

Restano necessari, a seconda del caso, la predisposizione del progetto di installazione che tenga conto delle necessità che dovrà soddisfare il dispositivo prossimo all'installazione e la messa a disposizione della dichiarazione di conformità del dispositivo installato.

 

Cos'è il libretto del cittadino?

Lo strumento richiamato dal DLgs 276/03 e citato in molteplici testi di legge, il Libretto del Cittadino, è in realtà una uno strumento di registrazione delle attività formative effettuate dall'individuo di riferimento.

In esso, verranno trascritte le qualifiche raggiunte dall'individuo e diverrà quindi uno strumento, anche a supporto del curricul vitae e del portfolio delle competenze.

Una sorta di strumento in cui vengono "certificate" le qualifiche raggiunte dall'individuo riportate nel CV.

Nel corso degli ultimi anni, gruppi di studio regionali, hanno cercato di dare un corpo a questo strumento arrivando però alla definizione di alcune bozze non ancora confermate e quindi non ancora in uso (come come inserito del decreto interministeriale del 10 ottobre 2005)

Si parla spesso di sviluppo dello strumento, ma la realtà è che con serie possibilità, rimarrà tale.

Molti i dubbi suscitati, non tanto dalla finalità, quanto dalla gestione e dalla responsabilità della gestione stessa

Chi detiene tale strumento? sarà sullo stile del libretto di lavoro in uso sino al 2002 e poi sostituito dalla scheda professionale del lavoratore?

Chi sarà autorizzato a certificare le competenze acquisite inserite?

Ad oggi, si raccomanda la massima attenzione a non confondere documenti nominati e/o riconducibili al libretto del cittadino, in quanto sino ad ulteriori sviluppo, potranno essere considerati dei veri e propri allegati eventualmente per il CV, ma non potranno mai sostituire uno strumento che sarà di competenza di organismi statali.

E' sanzionabile il mancato Coinvolgimento degli Enti Paritetici nella formazione dei lavoratori e RLS?

 

Di seguito si riporta quanto pubblicato dall'AIFOS

In attesa della pubblicazione delle linee interpretative dell’Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 pubblichiamo un serie di contributi e di approfondimenti utili. Il contributo dell’avv. Dubini è stato redatto sotto forma di parere pro-veritate.

Particolare importanza è attribuita dal “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro al ruolo degli organismi paritetici, quale definito dall’articolo 51 del d.lgs. n. 81/2008. Va, tuttavia, chiarito al riguardo che il “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro promuove il ruolo di tali organismi a condizioni precise e, in particolare, a condizione che essi siano costituiti nell’ambito di “associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” (articolo 2, comma 1, lettera ee), d.lgs. n. 81/2008) e che operino nel settore e nel territorio di competenza (articolo 37, comma 12, del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro).

Ne discende che il datore di lavoro che richieda - come l’articolo 37, comma 12, del d.lgs. n. 81/2008 gli impone - la “collaborazione” di tali organismi per l’effettuazione delle attività di formazione è tenuto a verificare che i soggetti che propongono la propria opera a sostegno dell’impresa posseggano tali caratteristiche.

Al riguardo, si ritiene utile ribadire quanto già esposto nella circolare n. 20 del 29 luglio 2011 del Ministero del lavoro, vale a dire che la norma in ultimo citata non impone al datore di lavoro di effettuare la formazione necessariamente con gli organismi paritetici quanto, piuttosto, di mettere i medesimi a conoscenza della volontà di svolgere una attività formativa; ciò in modo che essi possano, se del caso, fare le proprie proposte al riguardo restando inteso che tale obbligo di richiesta di collaborazione opera unicamente gli organismi paritetici che abbiano i requisiti di legge e che, quindi, siano costituiti nell’ambito di organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e operino sia nel territorio che nel settore di attività del datore di lavoro.

Ai fini della individuazione delle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente rappresentative sul piano nazionale, si rinvia a quanto esposto nella citata circolare n. 20 del 29 luglio 2011 per quanto qui non esposto, attese le frequenti richieste di chiarimento pervenute, si ritiene utile evidenziare che, qualora vi siano dubbi in ordine al possesso in capo alla singola organizzazione datoriale o sindacale dei criteri richiesti dalla legge, potranno utilizzarsi congiuntamente i seguenti indici presuntivi:

  1. presenza della organizzazione datoriale o sindacale nell’elenco delle parti sociali del CNEL;
  2. firma da parte della organizzazione datoriale o sindacale di un contratto collettivo nazionale di lavoro applicato nel settore di riferimento.

Tali requisiti devono essere entrambi presenti - in ossequio al principio della pariteticità - in almeno una delle organizzazioni datoriali e delle organizzazioni sindacali nel cui ambito sia stato costituito l’organismo paritetico.

Quanto alle modalità per mezzo delle quali opera il citato obbligo di richiesta di collaborazione agli organismi paritetici, la nota alla Premessa dell’accordo ex articolo 37 del 21 dicembre 2011 sulla formazione dei lavoratori, dirigenti e preposti, puntualizza che: “Ove la richiesta riceva riscontro da parte dell’ente bilaterale o dell’organismo paritetico, delle relative 2indicazioni occorre tener conto nella pianificazione e realizzazione delle attività di formazione,anche ove tale realizzazione non sia affidata agli enti bilaterali o agli organismi paritetici. Ove la richiesta di cui al precedente periodo non riceva riscontro dall’ente bilaterale o dall’organismo paritetico entro quindici giorni dal suo invio, il datore di lavoro procede autonomamentealla pianificazione e realizzazione delle attività di formazione”.

Al riguardo, si puntualizza che la richiesta in parola può essere avanzata anche ad uno solo (ove ve ne siano diversi) di organismi paritetici in possesso dei requisiti sin qui richiamati, in qualunque modo idoneo allo scopo (ad esempio, anche con semplice comunicazione per posta elettronica, purché contenga indicazioni sufficienti - per esempio, relative al numero di lavoratori e alla loro qualifica - a poter permettere all’organismo paritetico di comprendere il tipo di intervento formativo di riferimento e, quindi, mettendolo nelle condizioni di potere supportare il datore di lavoro al riguardo).

Della risposta dell’organismo paritetico il datore di lavoro deve tener conto, senza che, tuttavia, ciò significhi che le relative osservazioni debbano essere necessariamente rispettate da parte del datore di lavoro né, tantomeno, che la formazione debba essere svolta con l’organismo paritetico, qualora la risposta di quest’ultimo comprenda una proposta di svolgimento presso l’organismo della attività di formazione.

In ogni caso è valida la formazione in qualunque data erogata anche senza la collaborazione degli organismi paritetici, posto che il D. Lgs. 81/2008 non prevede alcuna sanzione per la mancata collaborazione.

Qualunque altra interpretazione è legalmente infondata perché priva del benché minimo riscontro testuale.

Rolando Dubini, Avvocato in Milano, Componente del Comitato Scientifico dell’Aifos


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